Chiedete e vi sarà dato
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di Igor Sibaldi
12/04/2011

Igor Sibaldi ci parla del "chiedere" e di come imparare a farlo (non tutti hanno il coraggio necessario per chiedere quel che va chiesto) e ci descrive la sua famosa tecnica dei "101 desideri". Estratto dal suo libro Vocabolario (per gentile concessione di Anima Edizioni).


«Chiedete e vi sarà dato», raccomandano i Vangeli: cioè, se non chiedete non vi sarà dato nulla. Occorre il CORAGGIO di chiedere, e non è da tutti: chiedere significa infatti accorgerci che ci manca qualcosa, che in qualcosa non siamo ancora riusciti (desiderare, in latino, significava appunto «non disporre ancora di astri – sidera – favorevoli a qualche nostro scopo») e che la vita come la stiamo vivendo ora non ci basta; non conosco molte persone capaci di ammettere di trovarsi in una situazione del genere e di spiegarsi chiaramente perché, così da poter appunto individuare, chiedere e ottenere ciò che davvero potrebbe migliorarla.

Alcuni di quelli che «stanno bene così come stanno» adducono ragioni religiose o moralistiche, a giustificazione del proprio non-chiedere: per esempio, «bisogna accontentarsi di quel che si ha», «chiedere è da egoisti», ecc. In tal modo, tuttavia, non fanno che confessare il proprio egoismo: in primo luogo, perché escludono stranamente che si possa chiedere non per proprio immediato vantaggio ma per il bene altrui; in secondo luogo, perché nulla è più egoista del sentirsi soddisfatti del presente in un mondo tanto orribile e ingiusto come quello in cui viviamo. Viceversa, si ricordi: «Beato chi ha fame e sete di giustizia…E guai a voi che ora siete sazi» (Luca 6,21.25).

Per chiedere è inoltre necessaria una considerevole dose di immaginazione e di sincerità – qualità queste di cui un egoista è solitamente sprovvisto.

Raccomando in proposito il seguente passo di Giacomo (II sec. d.C.):

Da che cosa derivano i conflitti che ci sono in voi? Non vengono forse dai desideri che combattono gli uni contro gli altri, nel chiuso dei vostri corpi? Voi bramate di possedere, ma non ne siete capaci: ed è allora che vi viene voglia di uccidere; invidiate e non siete capaci di ottenere quel che invidiate: ed è allora che sorgono i conflitti. Ma voi non avete perché non chiedete; e se chiedete e non ottenete, è perché chiedete male.
(Lettera di Giacomo, 4,1)

Da notare che per «chiedere male» non si intende affatto chiedere l’impossibile: anzi, chiedere di veder realizzato un nostro autentico desiderio che ci sembra del tutto impossibile è non soltanto una splendida avventura spirituale e pratica al tempo stesso, ma sembra esser stato addirittura la regola per Gesù, il quale esortava a chiedere appunto cose irreali – come far sì che un albero o un monte si spostassero – proprio per verificare di persona che «ciò che è impossibile per gli uomini, è possibile con Dio» (Luca 18,27).

Per sviluppare le facoltà necessarie al chiedere, consiglio in alcuni miei libri di sperimentare la «tecnica dei 101 desideri», un esercizio di meditazione orientale che trovai accennato nel volume The Aladdin Factor di Jack Canfield (Chicago 1995) e che ho poi sviluppato per mio conto. È una procedura molto semplice da spiegare, ma che richiede pazienza e notevole CORAGGIO per venire attuata. Si tratta di scrivere dapprima centocinquanta desideri che rispettino le seguenti regole:

1) la formula giusta è «Io voglio…»;
2) non scrivere né la parola «non» né alcuna negazione (evitare, per esempio, le parole «intatto» o «incolume», che sono negazioni);
3) ogni desiderio può avere al massimo 14 parole, cioè non può durare più di una singola emissione di fiato (se lo si scrive in italiano, s’intende; in inglese o francese avrebbe più parole, in russo o in tedesco meno);
4) vanno chiesti soltanto obiettivi, e non i mezzi per raggiungerli (cioè non si possono chiedere SOLDI, in alcuna forma);
5) vanno evitati i paragoni: per esempio «voglio essere famosa come la tale»;
6) vanno esclusi i desideri seriali: per esempio la serie «voglio un appartamento a Berlino», «voglio un appartamento a Madrid», «voglio un appartamento a Parigi» ecc.;
7) vanno scritti solo desideri il cui esaudimento sia precisamente verificabile – e dunque non desideri del tipo «voglio essere felice» o «voglio essere molto ricco» (felice in che senso? Molto ricco quanto?);
vanno evitati diminutivi o vezzeggiativi: ciascun desiderio deve essere descritto nella forma più oggettiva, più netta possibile;
9) non si possono esprimere desideri per conto altrui: troppo facile! Se si vuol giovare ad altri, occorre assumersi la responsabilità e le spese energetiche del giovamento: per esempio, non «Io voglio che mio zio torni a essere sano» ma «Io voglio fare in modo che mio zio torni a essere sano» (nel primo caso, si tratterebbe infatti non di un desiderio ma di un comando, a cui il suddetto zio dovrà obbedire);
10) è bene evitare di chiedere storie d’amore o di sesso con persone precise, o legami eterni con qualcuno – anche perché ci si potrebbe pentire, poi, d’averlo chiesto.

Una volta ultimati i centocinquanta desideri – operazione che solitamente richiede diversi mesi – ne vanno scelti centouno: li si trascrive su un apposito quaderno, li si rilegge una volta al giorno per un anno intero e, quando uno di essi si realizza, lo si sostituisce con uno dei quarantanove rimasti sul quaderno di brutta, o con un altro desiderio che si sia riusciti a formulare nel frattempo.

Il risultato di questa tecnica è davvero prodigioso, sia per il numero di desideri che si realizzeranno nell’arco del primo anno (e inevitabilmente si rimpiangerà di non aver chiesto cose più audaci), sia per le trasformazioni che si producono nell’animo e nel rapporto con la realtà già durante l’iniziale compilazione dei centocinquanta desideri. Si destano infatti emozioni di cui avevamo perduto il ricordo: antiche e vivaci curiosità, antichi e magnifici sogni, talenti, speranze; si alimenta una straordinaria fiducia nel mondo e nell’universo; si ritrova il gusto di camminare per strada domandandosi «Mi piace questo? E quest’altro? Lo vorrei per me? Ha un futuro per me?» proprio come lo potrebbe pensare un bambino. Tutto ciò che ci circonda comincia ad assomigliare a una promessa di felicità, che chiede di essere considerata e accolta. Di questa tecnica ho spiegato sia i dettagli sia i fondamenti ne Il mondo invisibile.


Estratto da Vocabolario di Igor Sibaldi.
Copyright © Anima Edizioni. Milano, 2009
© Igor Sibaldi, 2009

Nota: Le parole in maiuscolo sono approfondite nelle altre sezioni del libro Vocabolario di Igor Sibaldi, Anima Edizioni.



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