La scienza scopre come Dio ci ascolta
Il capo del progetto Genoma: i miracoli sono dovuti alla meccanica quantistica
il venerdì 08 maggio 2009 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto


GABRIELE BECCARIA

Se avete tempo e una manciata di neuroni allenati allo sprint, studiate la meccanica quantistica. State osservando i «lampi della mente di Dio» e quindi il segreto di una presenza iperattiva: Lui interviene nelle nostre esistenze senza che ce ne accorgiamo e ascolta anche le nostre preghiere.

Se siete tipi curiosi, fermatevi sul sito «BioLogos». A istruirvi è Francis Collins, un nome insignificante per i più, ma considerato dalla comunità scientifica mondiale una stella di prima grandezza: è stato il responsabile del Progetto Genoma, vale a dire il sequenziamento del Dna.

Tra le imprese più grandiose di tutti i tempi, un giorno del giugno 2000 fu annunciata dal duo Bill Clinton e Tony Blair con parole che avevano il profumo della profezia: «Stiamo imparando il linguaggio con cui Dio ha creato la vita. Siamo sopraffatti dalla complessità, dalla bellezza e dallo stupore per il dono più divino e sacro».

Adesso Collins è sicuro di essere arrivato all’apoteosi del proprio viaggio intellettuale e spirituale e di aver ricomposto i pezzi del puzzle scientifico&metafisico che l’ha ossessionato per decenni, dagli studi alla University of Virginia e a Yale fino ai laboratori di Craig Venter: se gli invisibili filamenti di geni incarnano la lingua universale di Dio, la meccanica quantistica è invece la Sua logica, sofisticata e controintuitiva, capace com’è di farci sentire dei poveri nanetti. Mentre supera la grettezza del pensiero binario sì/no, sta spingendo le tribù dei fisici nei mondi multipli e al di là dello spazio-tempo del Multiverso, descritto da teorie per soli addetti ai lavori (le Superstringhe o la supersimmetria oppure, ancora, l’infinitamente piccolo e le manifestazioni paradossali degli adroni).

Allo stesso tempo rivela un piano coerente per far sbocciare la vita, dai microbi fino all’homo sapiens (una strada battezzata come «principio antropico»). Altrimenti - ci rassicura Collins - non si spiegherebbe il mistero dell’asimmetria tra materia e antimateria manifestatasi dopo il Big Bang, l’esplosione originaria che produsse ciò che vediamo, come stelle, pianeti e galassie, e soprattutto le meraviglie che ancora ci sfuggono, vale a dire la materia oscura e l’energia oscura, che comporrebbero buona parte di un Universo a noi inaccessibile.

Approdati a questo punto, chi scienziato non è può provare qualcosa di simile a un attacco di mal di mare e chi scienziato è avrà già pronta una sostanziosa lista di aggressive controargomentazioni. Ma molti di quelli che hanno perso il sonno sul suo saggio - «The Language of God» (il linguaggio di Dio) - flirtano volentieri con pagine che considerano un tentativo originale (e garbato) di conciliare le vertigini della scienza e le vertigini della fede, descrivendo Dio come una necessità matematica.

Collins la sintetizza così: «Viste le indeterminazioni della meccanica quantistica e l’imprevedibilità caotica dei sistemi complessi, il mondo rivela di possedere un certo grado di libertà nei propri sviluppi futuri». Se non vi ha convinto, aggiunge: «E’ quindi perfettamente possibile che Dio sia in grado di influenzare la creazione in modi estremamente sottili, che non sono percepibili dall’osservazione scientifica. Da questo punto di vista, la ricerca contemporanea apre le porte all’azione divina senza la necessità di miracoli che, invece, infrangerebbero le leggi naturali». Conclusione: «Vista l’impossibilità di previsioni o di spiegazioni assolute, le leggi della natura non escludono più l’azione divina nella realtà che ci circonda».

L’ulteriore - e ancora più clamorosa - conclusione è che «Dio non gioca a dadi», come recita l’abusato aforisma di Albert Einstein, ma ci sorprende con le magie delle dimensioni quantiche e di conseguenza è consigliabile chiederne l’aiuto con le preghiere tramandate da secoli di tradizione. Insomma, la divinità evangelica di Collins evoca la figura di un super-scienziato saggio, capace di sfruttare ogni potenzialità degli universi che lui stesso ha creato e che ha popolato grazie a un’altra idea portentosa, l’evoluzionismo.

C’è entusiasmo sincero nelle argomentazioni di Francis Collins, che proprio nel 200° anno delle celebrazioni per la nascita di Charles Darwin vuole convincere tanti americani riottosi della possibilità di mettere insieme la nostra discendenza dalle scimmie e le manipolazioni del codice genetico con la fede razionale in un Dio-Natura cristallino come un teorema. L’opposto di quanto sostiene il sulfureo fisico Steven Weinberg, d’accordo con i provocatori campioni della scienza atea Richard Dawkins e Daniel Dennett: «I buoni tendono a fare il bene, i cattivi il male, ma, quando un buono vuole fare il male, allora ci vuole la religione!».

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