Dalla Medicina Ayurvedica una speranza per l’Alzheimer
il giovedì 02 febbraio 2012 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

Una pianta officinale utilizzata comunemente in Inda e nella Medicina Ayurvedica ha mostrato di essere attiva contro i danni al cervello causati dalle malattie neurovegetative

Il suo nome originale è Ashwagandha, ma molti la conoscono come Withania somnifera o Ginsegn Indiano. E’ una pianta conosciuta e usata da secoli nella Medicina Ayurvedica, e anche qui in Occidente è conosciuta per il suo uso quale tonico, negli stati di affaticamento mentale e fisico, stress… e perfino come afrodisiaco.
In questo studio, condotto su modello animale, invece si è dimostrata capace di “ripulire “ il cervello dalle proteine e placca beta-amiloide e invertire i danni causati dall’Alzheimer sia a livello fisico che comportamentale.

Lo studio, condotto dai ricercatori del National Brain Research Centre (NBRC) di Manesar (India), e pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) ha permesso di scoprire come un estratto di Ashwagandha fosse attivo già nel giro di 30 giorni nel migliorare le condizioni di un gruppo di topi che presentavano sintomi come quelli dell’Alzheimer.
Ai topi è stato somministrato giornalmente questo estratto che è parso aumentare la sintesi di una proteina da parte del fegato che, fungendo da guida, aiutava a rimuovere la placca amiloide dal cervello. Il processo, secondo gli scienziati, avviene in modo sorprendente grazie a un componente di questa proteina che fa letteralmente scivolare via dal cervello la placca, per farla arrivare nel sangue per essere infine smaltita come scoria.
«E' come un aspirapolvere che fa pulizia del cervello per liberarlo dalla placca amiloide non desiderata», ha commentato il dottor Vijayalakshmi Ravindranath, neuroscienziato senior presso l’Indian Institute of Science di Bangalore, che ha avviato lo studio di otto anni fa, mentre era direttore del NBRC.

I risultati hanno superato le aspettative dei ricercatori, i quali sanno che allo stato attuale la possibilità di prevenire o trattare la placca amiloide è tra i migliori approcci nel combattere l’Alzheimer. Sebbene lo studio sia stato condotto su modello animale, e non sia ancora pronto per la sperimentazione sugli esseri umani, i ricercatori forti dei risultati nutrono buone speranze che si possano ottenere risultati positivi sull’uomo. Se le aspettative saranno premiate da altri studi, per le persone colpite da una malattia devastante come l’Alzheimer si aprono prospettive migliori.
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