Lotus Birth: nascere secondo natura. Anche a Torino
il mercoledì 22 aprile 2009 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto


A Torino, la prima grande struttura ospedaliera che ha fatto nascere un bambino… con la placenta. Il parere dell'esperto e la testimonianza della neo-mamma

LUIGI MONDO E STEFANIA DEL PRINCIPE

Parto in acqua, parto indolore, anestesia epidurale sono tutti termini che le mamme in attesa sentono nominare almeno una volta. Un termine invece di cui si sete parlare poco o per niente è "secondamento naturale". Ed è probabile che a quasi nessuna sia mai stato domandato come desidera avvenga il secondamento, ovvero la finale fase del parto che consiste nell’espulsione della placenta.

Ma c’è una novità e, anche se non è ancora divenuta una pratica di routine, molti genitori stanno già sperimentando il secondamento naturale, ovvero la nascita con la placenta o "Lotus birth".
A detta degli esperti è il metodo più dolce e meno traumatico per mettere alla luce un bambino.
Il metodo è molto semplice e consiste nel lasciare attaccata la placenta al bambino per alcuni giorni (mediamente 3 o 4) fino al distaccamento naturale. Questo distacco graduale permette di fornire al bambino ancora una piccola quantità di sangue placentare utile per la costituzione del sistema immunitario.
«Bisogna sapere che la placenta si forma dalla suddivisione delle stesse cellule che formano il feto, quindi bambino e placenta hanno lo stesso DNA. Il Lotus Birth è la nascita che rispetta profondamente l’importanza di questa unione biologica del bambino con la sua placenta» ci spiega Susanna Swapana Hinnawi, Breathworker e Counselor ICC (Inner Child Codependency). Referente per l’Italia della nascita Lotus Birth.
«Nel Lotus Birth, infatti, il cordone ombelicale non viene reciso, ma si attende che si stacchi da solo dall’ombelico quando il bambino è pronto alla separazione.” Continua Susanna Hinnawi “in media, l’attesa è di tre/quattro giorni. Quando il cordone si stacca in modo spontaneo, l’ombelico che non ha bisogno di medicazioni o cure particolari, risulta perfettamente chiuso e cicatrizzato, in tempi inferiori rispetto a quando si recide il funicolo».

Quali sono i benefici di questa modalità di parto? Chiediamo a Susanna
«Difficile doverlo riassumere in poche parole… Parlando da un punto di vista fisiologico, il collegamento alla placenta fa si che il bambino riceva tutto il ricchissimo sangue ossigenato, importantissimo per il corretto sviluppo degli organi ancora immaturi, in questa delicata fase di assestamento. Quando il cordone viene reciso nei primi minuti, nella placenta resta da un terzo al 50% del sangue che dovrebbe andare al bambino! Un altro aspetto da considerare è quello della respirazione che, non avendo ancora il sistema polmonare una perfetta autonomia, continua ad avvenire da due sorgenti parallele: placenta e polmoni. Poi, se non si recide il cordone, si evita di separare alla nascita il bambino dalla propria madre: unione che deve assolutamente essere salvaguardata! Ma quello che mi ha colpito maggiormente è l’aspetto emozionale e psicologico. Per formazione personale credo che la nascita sia il caposaldo su cui si costruisce la propria vita. Nascere senza traumi, in modo rispettoso e accogliente è sicuramente un buon inizio su cui è più facile sviluppare aspetti caratteriali di completezza e integrità. Il mantenere insieme l’unità biologica formata dal bambino e dalla placenta, evita ogni sorta di ferita, sia fisica che emozionale. Se non siamo “feriti”, siamo in pace. Non ci sono ancora studi scientifici a dimostrazione dei vantaggi del Lotus Birth, ma da quello che iniziamo a notare, i bambini nati senza il taglio del cordone, mostrano, in genere, un sistema immunitario forte, una spiccata predisposizione alla socializzazione e all’autonomia. Qualcuno li ha definiti “degli esseri completi. Peraltro esistono moltissimi studi che dimostrano quanto sia importante ritardare il taglio del cordone fino alla fine delle pulsazioni, ebbene il Lotus Birth è solamente un prolungamento di questo ritardo che non comporta rischi, ma, anzi, è portatore di ulteriori vantaggi».

Quindi il Lothus Birth non deve essere vista come una particolare tecnica da adottare durante il parto, bensì una scelta consapevole e responsabile che garantisce salute e benessere al nascituro.
«Vorrei precisare che questa modalità deve essere intesa come un tassello che compone il mosaico di una scelta di nascita responsabile» sottolinea Suanna Hinnawi «Una nascita in cui la donna prenda in mano se stessa, sia a contatto con il proprio corpo, con le proprie emozioni e paure, abbia scelto di essere, insieme al suo bambino/a, l’unica protagonista dell’evento. Un evento che non deve essere delegato a nessun altro se non alla propria capacità mammifera di procreare: quindi da spettatrice a protagonista, da pecorella a leonessa! Dopo questa premessa, il Lotus Birth può avvenire anche dopo un parto cesareo, in tutte quelle condizioni in cui la placenta sia sana e non ci siano altri impedimenti. Anzi, dopo un cesareo, così come per un bambino prematuro, sarebbe ancora più auspicabile proprio perché fornisce un ottimo supporto al sistema respiratorio che, in entrambi i casi, è maggiormente compromesso».

Ci pare di capire che in Italia sia una tecnica pressoché sconosciuta, vi sono altri paesi in cui è praticata con maggior frequenza? «In Italia il Lotus Birth è stato introdotto nel 2004, quando è stato tradotto e pubblicato il libro australiano “Lotus Birth: il parto integrale, nati con la placenta”. In questi anni, la nostra associazione si è attivamente adoperata per far conoscere questo modo di venire al mondo forse un po’ inusuale, ma sicuramente naturale e, soprattutto privo di controindicazioni. Sono nati bambini in casa, in case di maternità e anche in quegli ospedali dove alcuni medici “illuminati” o forse anche soltanto curiosi, hanno permesso che avvenisse . In Australia e Canada è una modalità piuttosto diffusa già dalla fine degli anni ’70».

Il Lotus Birth può essere richiesto in un ospedale italiano?
«Gli ospedali hanno un loro protocollo dal quale difficilmente si discostano. Tuttavia, come dicevo sopra, alcuni medici particolarmente sensibili, soprattutto in strutture di provincia, hanno accettato il Lotus Birth, inserendolo nel protocollo ospedaliero in modo ufficiale.
Il paradosso è che pur non essendoci studi scientifici che dimostrino la necessità di tagliare il cordone ombelicale, il fatto di non tagliarlo spesso ha bisogno di essere comprovato scientificamente! Ben venga la disponibilità di voler avviare una ricerca, purtroppo servono fondi che esulano dalle nostre possibilità!».

È vero che uno dei primi ospedali a sperimentare la tecnica Lotus Birth è stato il Sant’Anna di Torino? «Non è proprio così. Il Sant’Anna di Torino è stata forse la struttura ospedaliera più grande in cui sia avvenuto. Peraltro, grazie ad una mamma particolarmente tenace e determinata, il primo Lotus Birth è avvenuto nel 2006 in un ospedale della provincia di Mantova. Nonostante le immaginabili resistenze iniziali, ora questo è uno dei punti nascita pubblici in cui poterlo richiedere».

Per renderci ancora di più conto di cosa sia il Lotus Birth. Lo chiediamo a chi lo ha sperimentato direttamente e cioè Eusebio Prabhat e Monica Farinella, i genitori della piccola Deva nata il 16 dicembre 2008 proprio al Sant’Anna di Torino.

Prima di provare questa nuova esperienza, avevate un po’ di timore o qualche dubbio? «La prima volta che abbiamo sentito parlare del Lotus Birth è stato durante il corso pre-parto della nostra primogenita Munay, le ostetriche hanno accennato a questa tecnica, ovvero alla possibilità di non recidere il cordone ombelicale e di lasciare il bambino attaccato alla placenta, fino al distacco naturale. Per noi è stato chiaro fin da subito che il parto doveva avvenire con questa modalità, acquistato e letto il libro non abbiamo avuto nessun dubbio o timore nel voler eseguire il parto integrale».

Quali sensazioni avete provato con il Lotus Birth? «Intorno al neonato in quei giorni si respira un’aria di sacralità, tutte le emozioni sono amplificate, la sensazione più forte è di assistere al mistero della creazione in un modo che riflette e rispetta i tempi della vita e della natura, considerato che negli ultimi 100 anni, l’evento della nascita è stato completamente “industrializzato” fino al paradosso del cesareo programmato. Le due esperienze di Lotus si sono differenziate nella durata dei giorni in cui il cordone è rimasto attaccato alla placenta, Munay ha lasciato andare la sua placenta tra il 6° e il 7° giorno, Deva tra il 3° e il 4°».

E il personale dell’ospedale Sant’Anna? C’è stato scetticismo da parte dei medici? «Più che scetticismo, diremmo ostracismo. Il nuovo, se non è conosciuto spaventa. La nostra civiltà si regge su dogmi a tutti i livelli, basti pensare che per il protocollo ospedaliero la placenta viene considerata un rifiuto e non un organo, lì dove non viene venduta (ma questo è un altro discorso). La cosa strabiliante è che il direttore sanitario di un’azienda come il S. Anna, discutendo in termini di diritto di proprietà della placenta, alla mia domanda, ma lei non può negare l’origine biologica della placenta, come conseguenza dell’inseminazione spermatozoo/ovulo, non è stato in grado di rispondere, la risposta è che la logica può infrangere qualsiasi dogma, sta poi all’apertura delle menti rendersene conto e accettare le nuove verità.
Alla fine, dopo più di due ore di discussioni, siamo usciti in serata con Bimba e placenta e una dichiarazione storica da parte di un ospedale; un attestato che afferma che un operatore sanitario non può recidere il cordone ombelicale senza il consenso dei genitori, dichiarazione scritta che di fatto apre una nuova via al parto naturale. Grazie S. Anna».

Il parto è avvenuto anche senza l’ausilio di ossitocina, monitoraggi, epidurale, episiotomia, antibiotici, lettino della sala parto, spinte manuali ecc. perché una scelta di questo tipo? «Il parto, come per la prima bimba è avvenuto senza interventi esterni. La donna non sente e non conosce più il suo corpo, o meglio, lo conosce solo attraverso i modelli dei media, dei lifting e delle correzioni in una corsa senza senso contro il tempo. Da generazioni il parto è visto come sofferenza atroce, quando la cosa più giusta sarebbe quella di poter vivere l’esperienza insieme ad operatrici che conoscono i ritmi della natura, donne in grado di aiutare una partoriente a prendere coscienza che il parto non è un’operazione, e che tutte le donne, con un lavoro di conoscenza su se stesse, e una giusta preparazione (psichica e fisica) possono avere un parto naturale senza l’intervento medico. Bisognerebbe lasciare il tempo alla donna e al bambino di sentirsi e comunicare tra loro, e aver vicino delle presenze discrete… il resto avviene naturalmente».

In seguito alla vostra esperienza, c’è qualcosa che vi sentite di comunicare ai lettori de “LaStampa.it?” «Che la nostra esperienza è raccontata in un libro gratuito scaricabile dal sito www.bambininuovi.com. Il contributo più grande che possiamo dare all’umanità e il regalo più bello che possiamo fare ai nostri bambini è avvicinarci alla gravidanza con un profondo senso di rispetto per il mistero che rappresenta, sapendo che solo la nostra capacità di informarci e di scegliere la via meno artefatta e il nostro coraggio, possono fare la differenza. Quello che siamo come umanità è la conseguenza di quello che abbiamo provato fin’ora, proviamo a sperimentare qualcosa di nuovo e ad aspettare i risultati… nell’attesa leggiamo, informiamoci, ricercando nuove vie per nascere e di conseguenza per vivere».

Per ulteriori informazioni:
Siti Internet:
http://www.lotusbirth.it/
http://www.partonaturale.org/parto/lotusbirth.php
www.bambininuovi.com


Libri
"Lothus Birth: il parto integrale, nati con la placenta" – di Shivam Rachana - Amrita Edizioni
E-book: http://www.bambininuovi.com/nascita_armoniosa.pdf

Fonte

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