Apre ambulatorio pubblico di Programmazione Neurolinguistica
il domenica 22 gennaio 2012 Stampa il Contenuto Crea file pdf del Contenuto

All’ospedale Sacco di Milano, a quanto risulta il primo in Italia a farlo, hanno deciso invece di promuovere la Pnl in un ambito medico vero e proprio, inserendola all’interno dei percorsi dell’Unità operativa di riabilitazione specialistica.

Da qualche giorno è entrato in funzione un ambulatorio di Programmazione neurolinguistica sotto la guida di Alberto Gnemmi «cardiologo, internista e riabilitatore» come lui stesso ama definirsi.

L’ospedale milanese e il medico hanno voluto mettersi in gioco. Nonostante i quasi 40 anni di vita della Pnl, infatti, la sua validità scientifica è ancora in discussione. Gli stessi sostenitori affermano che le applicazioni della Pnl non devono necessariamente avere fondamento scientifico, perchè i principi fondamentali sono ipotesi di lavoro che possono essere vere o meno. L’importante è che siano utili. «È così, anzi direi che a volte la Programmazione neurolinguistica trova l’opposizione della comunità scientifica», sottolinea Gnemmi.

Questo non le ha creato difficoltà? «No, perchè prima ho provato la Pnl su di me. Il grosso risultato è stato che ho cambiato atteggiamento nei confronti dei pazienti e la loro soddisfazione è stata evidente. Questo si può tradurre banalmente nel fatto che il paziente in ambulatorio dica: finalmente ho trovato un medico che mi ha ascoltato. È un paradosso, semmai, che non l’avesse trovato prima».

Ma se l’efficacia del metodo è difficile da provare, come si fa a capire se funziona? «In fondo è difficile da provare tutto ciò che non è esprimibile con numeri — aggiunge —. La soddisfazione personale è poco quantificabile numericamente. Trovo che in medicina sia dimostrabile ciò che è semplice, tant’è che io non cerco di dimostrare che la Pnl funzioni. Ho visto che da quando ho cambiato il mio atteggiamento, il mio rapporto con i pazienti e con i colleghi è notevolmente cambiato».

Gnemmi ha seguito un percorso di formazione specifico per due anni. Nel 2009 ha poi iniziato a mettere in pratica ciò che aveva appreso con una serie di corsi sulla comunicazione di base per il personale, sanitario e amministrativo, dell’ospedale Sacco. «La stragrande maggioranza delle problematiche con i pazienti e con i parenti è legata alla cattiva comunicazione e ad errori nella modalità di relazione — dice —. E soprattutto è evidente come stabilire un buon rapporto comunicativo migliori la collaborazione del malato e addirittura abbrevi i tempi di degenza. Molti colleghi che hanno frequentato i corsi mi dicono che le cose sono nettamente cambiate sia nel loro rapporto con i pazienti, sia in quello interpersonale nella loro vita privata».


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