IL CASO. Il grido di aiuto degli apicoltori, che oggi si riuniscono a convegno a Legnaro
Miola: «Da tre anni nei campi utilizzano i neo-nicotinoidi che stordiscono gli insetti: non trovano più l'alveare»
Ma quali sparizioni e apparizioni: le api stanno semplicemente... morendo. Stecchite a centinaia dal mais "conciato male". Tanto che da un paio d'anni qualche apicoltore berico il miele lo fa con api importate dalla Calabria. A svelarlo è Pietro Miola, apicoltore di Monteviale, che interviene sull'avvincente "giallo delle api".
Un mistero che ha tenuto banco nelle nostre zone, grandi produttrici di miele. "Le api se n'erano andate? Le api sono tornate? Colossali sciocchezze. In realtà, la maggior parte delle api era morta. E le altre, trasferite da noi apicoltori per non fare la stessa fine», spiega Miola.
E allora, di che parliamo, quando sentiamo che le api scompaiono misteriosamente da alcune zone del nostro territorio, per poi magicamente ricomparire in altre? Miola sbotta: «Macché misteri e magie. La verità è che da circa tre anni la concia del mais - che ormai è piantato, mi dicono, anche sui piazzali delle chiese - utilizza i neo-nicotinoidi. Che stroncano la gran parte delle api, in tre distinte fasi dell'anno. Ai primi di maggio, durante la semina del mais, muoiono perfino i pipistrelli, che si cibano degli insetti contaminati dalla sostanza, e i pesci, quando filtra nei fiumi. Poi in primavera, dopo che i neo-nicotinoidi sono stati ben assorbiti dalla pianta, ormai alta 40 centimetri, le api vanno a raccogliere l'acqua dalle foglie. E muoiono sul colpo. Infine a grano maturo altra morìa, perché le api raccolgono il polline dal pennacchio delle piante. Si stordiscono, e non trovano più la strada verso l'alveare. Freschi studi dell'Università di Padova hanno confermato questa ricostruzione».
Trovato il colpevole, si corre ai ripari. Ma il danno resta alto. «Negli ultimi due anni ho dovuto ricomprare, dalla Calabria, 200 alveari su 240 - spiega Miola - al costo di 130 euro per ogni famiglia d'api». Come fanno gli apicoltori a proteggersi? «Trasferendo gli alveari lontano dal mais - spiega Miola -. Io ad esempio li ho trasferiti sui colli Euganei. L'ape è un animale territoriale, ha un'autonomia di volo di 4 chilometri, e se perde l'orientamento muore. Mica si trasferisce da sola». Oltre ai trasferimenti forzati, quali contromisure restano? «Gli agricoltori dovrebbero fare come una volta - conclude Miola - rotando le colture tra mais, frumento ed erba medica". Se ne parlerà anche oggi alle 9, in un convegno scientifico alla Corte Benedettina di Legnaro.
Gian Maria Maselli
Fonte
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